Coloro che hanno vissuto la fanciullezza negli anni Ottanta, trascorrendo i pomeriggi tra tv e corse in bicicletta o a far tana libera tutti, la sera avranno avuto occasione di provar sussulti con film del terrore quali “Nightmare”, “Venerdì 13” e “Halloween”, confezionati dalla tv statunitense che invadeva ormai i nostri palinsesti. Considerati oggi dei veri e propri cult, ma discutibilmente spaventosi, in quel decennio erano provocatori di non pochi turbamenti nel sonno.
Proprio nel periodo in cui l’horror estero prendeva piede nel nostro Paese, arrivò dal Giappone il primo cartone animato che trattava questo genere: “Bem il mostro umano” (titolo originale “Yokai ningen Bem”), creato da Saburo Sakai e Nobuhide Morikawa. L’anime andò per la prima volta in onda nel 1968 nel suo Paese d’origine, dove fu censurato per la protesta di alcuni genitori che lo ritennero eccessivamente violento. Giunto in Italia nel 1982, venne trasmesso su Rete4 per intero, per essere poi relegato in canali minori e scomparire.
La storia narra di tre mostri (Bem, Bero, Bera) nati in un laboratorio dall’esito imprevisto di un esperimento scientifico, con un aspetto raccapricciante, ma incredibili poteri e soprattutto un’anima buona desiderosa di giustizia. I tre intraprendono un viaggio aiutando le persone e sconfiggendo creature terribili, nella speranza di trovare il modo per tramutarsi in esseri umani. Per poter far questo cambiano il loro aspetto in modo che sia più simile possibile a quello della gente che salvano, ma la trasformazione non è perfetta poiché richiede troppo energie. Quello che tradisce immediatamente i tre è il fatto di avere solo tre dita per mano. Ognuno ha poi una caratteristica propria.
Nel corso degli episodi l’unione del trio mostruoso diviene sempre più simile a quella di una famiglia. Ciò viene facilitato nell’immaginario infantile dall’aspetto dei tre nella loro forma umana: Bem, un signore di mezza età, Bera, una donna che, pur spietata nel combattimento, assume un atteggiamento materno, e Bero, un bambino di circa otto anni d’età.
Per quanto la trama delle puntate sia ripetitiva (Bero incontra un umano in difficoltà, generalmente un bambino, cerca di aiutarlo, ma da solo non riesce e devono quindi intervenire Bem e Bera a tirarlo fuori dai guai in cui si è cacciato), le storie sono sempre avvincenti e sotto l’aspetto puramente horror impartiscono una morale allo spettatore.
Il finale è genialmente rimasto sospeso. Un attimo prima di farsi credere morti in un incendio, i tre comprendono che non diverranno mai umani, ma anche che non è il loro aspetto a renderli tali, bensì la generosità con cui aiutano gli altri. La voce fuori campo informa, poi, che il loro viaggio proseguirà verso nuove avventure. In Giappone furono creati altri due episodi di questo piccolo capolavoro dell’animazione, non adattati in nessun’altra lingua, per un’ipotetica seconda serie che però non fu mai prodotta.
“Bem il mostro umano” è un’opera d’impareggiabile pregio, che non è stata compresa e apprezzata come meriterebbe e che bisognerebbe rivalutare. Purtroppo non viene mandato più in onda, ma, essendo reperibile nel web, si spera le nuove generazioni abbiano possibilità di riconoscerne tutta la qualità.
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